Tema molto controverso e fonte di numerosi contenziosi in materia condominiale, quella delle aree destinate al parcheggio nell’ambito di un condominio è stata, sin dalla seconda metà degli anni ’60, ossia il periodo della fiorente espansione dell’industria edile ed automobilistica, al centro dell’attenzione del Legislatore e, di conseguenza, argomento molto dibattuto nelle aule dei Tribunali, sia di merito che di legittimità.
È da premettere che, attualmente, il panorama normativo in tema di parcheggi condominiali è molto complesso, poiché coesistono varie normative che si applicano ai casi concreti in base all’anno di costruzione dell’edificio o alla categoria di parcheggio. Per dovere di chiarezza espositiva, le principali normative di riferimento che appare opportuno richiamare in questa sede sono: la Legge Ponte n. 765/1967 che, attraverso l’introduzione dell’art. l’art. 41 sexies nell’ambito della legge urbanistica n. 1150/1942, ha stabilito che nei fabbricati di nuova costruzione fosse obbligatoria la presenza di appositi spazi destinati al parcheggio, in misura proporzionata alla cubatura totale dell’intero edificio; la legge sul condono edilizio del 1985, che introduceva norme finalizzate a classificare le aree destinate al parcheggio come pertinenze; la legge Tognoli n. 122/1989 che introduceva, tra le altre, importanti agevolazioni fiscali per la costruzione dei parcheggi cd. Facoltativi e nuove misure per migliorare la viabilità; la legge n. 246/2005, che con un’inversione di rotta rispetto alla previgente normativa, svincolò le aree destinate al parcheggio dalle unità abitative, consentendone dunque l’alienazione a terzi estranei al condominio; il “decreto del fare”, con il quale il Governo Monti ha provveduto a sostituire il comma 5 dell’art. 9 della Legge Tognoli stabilendo che “la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune.”
Il complesso panorama normativo appena descritto ha dato vita, nel corso degli anni, ad un vivace dibattito tra dottrina e giurisprudenza, soprattutto in riferimento alla questione relativa alla sussistenza del vincolo privatistico sulle aree destinate al parcheggio. Chiamata a pronunciarsi più volte in merito, la Suprema Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 730/2008 ha affermato che, in mancanza di espressa riserva di proprietà o di riferimento negli atti di trasferimento delle unità immobiliari, le aree di parcheggio devono essere considerate parti comuni dell’edificio condominiale ai sensi dell’articolo 1117 del codice civile. Ed è sulla base di tale importante pronuncia che la riforma del condominio del 2012 ha inciso notevolmente in materia di parti comuni condominiali.
Il nuovo art. 1117, infatti, così’ come modificato dalla Legge di riforma del Condominio negli edifici n. 220/2012, pur non fornendo una definizione precisa di parti comuni, elenca, anche se non in modo tassativo né esaustivo, tutte la parti del condominio da considerarsi proprietà comune, fermo restando la possibilità riconosciuta al costruttore ed all’assemblea condominiale di integrare tale elenco in sede di approvazione del regolamento condominiale. Diversamente da quanto previsto dalla versione precedente del suddetto articolo, quindi, la proprietà è comune alle singole unità abitative e non ai diversi piani o porzioni di piani.
Orbene, per quanto concerne l’aspetto che qui interessa, ossia le conseguenze che possono derivare dall’insufficienza delle aree predisposte a parcheggio in ambito condominiale, giova sottolineare che, di recente, la Suprema Corte è tornata a pronunciarsi in merito.
La vicenda trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Bari, la n. 1678/2013 che, in parziale riforma della Sentenza di Primo grado emessa dal Tribunale di Trani, aveva riconosciuto la lesione di un diritto soggettivo di alcuni condomini che avevano citato in giudizio il costruttore dell’edificio condominiale per non aver destinato a parcheggio lo spazio sufficiente, così come previsto dalla Legge Urbanistica del 1942 e successive modifiche. Sebbene il Giudice di secondo grado avesse effettivamente riconosciuto un giusto risarcimento per il danno subito dagli attori, la stessa Corte, tuttavia, aveva individuato altre aree nel condominio da destinare a parcheggio, previa rimozione di alcuni ostacoli, atteso che non fosse quelle la loro originaria destinazione.
La questione veniva , successivamente, sottoposta all’attenzione della suprema Corte di Cassazione.
Con l’Ordinanza n. 3842 del 16 Febbraio 2018, la Seconda Sezione Civile ha stabilito che, secondo quanto stabilito dall’art. 41 sexies della legge urbanistica n. 1150/1942, così come modificato dapprima dalla lg. n. 7/1967 e successivamente dalla Lg. n. 246/2005 ( che con l’introduzione del nuovo secondo comma dell’art. 41 sexies stabilisce che “gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse“), “qualora lo spazio destinato al parcheggio dovesse risultare insufficiente a soddisfare i singoli condomini del fabbricato, il proprietario che ne risultasse privato dovrebbe far valere un inadempimento del Costruttore.” Nel motivare la loro decisione, gli Ermellini hanno evidenziato che la condotta del costruttore che non rispetti il vincolo di destinazione sulle aree individuate dalla concessione edilizia, omettendo di indicare le aree destinate al parcheggio previste dalla normativa in vigore, costituisca una violazione delle norme pubblicistiche incidenti sul regime di proprietà privata e, pertanto, sia lesiva un diritto soggettivo del privato cagionando un danno al privato dovuto al mancato godimento del bene oggetto del diritto riconosciuto ex lege. A tale situazione, dunque, non è possibile porre rimedio giudizialmente o, in alternativa, individuando un’altra area esistente nella stessa unità immobiliare, che non fosse originariamente vincolata a parcheggio e come tale definita negli atti concessori.
Ciò nonostante, qualora l’azione di risarcimento del danno non dovesse essere intrapresa da parte del condomino danneggiato, si rammenta che, la Suprema Corte, con la Sentenza n. 1421/2016, a conferma di un suo consolidato orientamento, aveva ribadito la legittimità della disciplina turnaria delle aree condominiali destinate al parcheggio, sia essa prevista originariamente nel regolamento condominiale o deliberata successivamente dall’assemblea condominiale. In effetti, dall’analisi di una precedente Sentenza, la n. 12485/2012 della Sezione Seconda, si evince chiaramente che la delibera assembleare che, in considerazione dell’insufficienza dei posti auto compresi nel garage comune in rapporto al numero dei condomini, preveda il godimento turnario del bene e vieti ai singoli partecipanti di occupare gli spazi ad essi non assegnati, anche se gli aventi diritto non occupino in quel momento l’area di parcheggio loro riservata, non si pone in contrasto con l’art. 1102 del codice civile. Al contrario, essa costituisce corretto esercizio del potere di regolamentazione dell’uso della cosa comune da parte dell’assemblea. Del resto, specie nei condomini in cui non vi sia spazio sufficiente da destinare al parcheggio degli autoveicoli dei condomini, attraverso la turnazione è possibile garantire pacificamente il godimento delle parti comuni, a condizione che ad ogni condominio sia garantito il diritto al pari uso delle medesime, evitando in tal modo inutili contenziosi e relative spese di giudizio.