Cosa ne sarà del diritto al rimborso degli azionisti delle banche popolari ?

Cosa ne sarà del diritto al rimborso degli azionisti delle banche popolari ?

Uno degli argomenti che più interessano l’opinione pubblica negli ultimi tempi riguarda la sorte dei risparmi di coloro che hanno affidato i sudori di una vita alle Banche e nella fattispecie alle Banche Popolari.

In questo contributo cercheremo di dare alcune delucidazioni al tema che sta più a cuore a chi ha avuto fiducia del sistema bancario, acquistando azioni ed obbligazioni, sia dirette che tramite intermediario, con riferimento agli istituti di credito che ancora non hanno provveduto alla trasformazione in società per azioni dall’attuale forma giuridica di società cooperative per azioni, vale a dire la Banca Popolare di Bari e quella Popolare di Sondrio.

La distinzione tra il primo modello (SpA) ed il secondo (SCpA) consiste nel fatto che le azioni del primo possono essere più facilmente vendute, mentre quelle del secondo stazionano in un mercato interno, chiuso, perchè può ricomprarle solo la Banca che le ha “piazzate”, oppure gli altri soggetti intenzionati a subentrare come azionisti.

Ma vediamo nello specifico quale sia lo “stato dell’arte”.

La riforma delle banche popolari

1) La legge.

Il d.l. n. 3/2015, recante, tra l’altro, la riforma delle banche popolari, allo scopo di favorire la obbligatoria trasformazione in s.p.a. delle popolari, il cui attivo supera 8 milioni di euro, ha previsto che il diritto al rimborso dei soci recedenti, a seguito della delibera di trasformazione, possa essere “limitato secondo quanto previsto dalla Banca d’Italia anche in deroga a norme di legge laddove ciò è necessario ad assicurare la computabilità delle azioni nel patrimonio di vigilanza di qualità primaria della banca” (Art. 28, comma 2 ter del TUB, inserito dal d.l. n. 3/2015 e modificato dal d.lgs. n. 72/2015);

2) La Banca d’Italia.

La Banca d’Italia, in sede di attuazione di quanto sopra, in data 9 giugno 2015, ha stabilito che la limitazione potrebbe essere disposta introducendo nello Statuto, in sede di trasformazione della popolare in s.p.a., “la clausola che attribuisce all’organo con funzione di supervisione strategica su proposta dell’organo di gestione….la facoltà di limitare o rinviare, in tutto o in parte e senza limiti di tempo, il rimborso delle azioni del socio recedente e degli altri strumenti di capitale computabili nel CET1”;

3) Il Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato – nell’ambito di un giudizio promosso da talune popolari per l’annullamento della circolare della Banca d’Italia di cui si è fatto cenno – ha recepito alcune eccezioni di incostituzionalità formulate contro la legge di riforma del 2015 e, con ordinanza della Sezione VI, 15 dicembre 2016, n. 5277, ha rimesso alla Corte costituzionale una serie di questioni di legittimità individuando una serie di profili di possibile incostituzionalità in relazione all’art. 28, comma 2 ter.

4) La Corte Costituzionale.

La Corte costituzionale, con sentenza 15 maggio 2018, n. 99 ha dichiarato infondate tutte le questioni sollevate.

La Corte ha ritenuto, tra l’altro, non contrastante con l’art. 42 Cost. la limitazione quantitativa ed il differimento temporale del rimborso, in quanto strumentali ad assicurare il mantenimento dei requisiti patrimoniali di vigilanza delle popolari nella delicata fase della trasformazione in s.p.a., ciò che risponde all’interesse generale alla stabilità del sistema bancario.

5) La Corte di Giustizia Europea.

La sentenza della Corte costituzionale n. 99/2018 sembrava aver “chiuso la partita” giurisdizionale sulla legittimità della regolamentazione – europea, nazionale e di Banca d’Italia – in materia di rimborso dei soci recedenti, ma così non è stato in quanto, una volta ritornato il giudizio dinanzi il Consiglio di Stato, questi, in quanto giudice di ultima istanza, e valutata la novità delle questioni sollevate dalla Corte Costituzionale, ha ritenuto di non potersi sottrarre dal rinviare il giudizio in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea con l’ordinanza della Sezione VI, 26 ottobre 2018, n. 06129/2018.

Cosa hanno “sospettato” in pratica i Giudici del Consiglio di Stato, con riferimento alla incompatibilità delle norme statali di cui si discute con quelle comunitarie ?

  1. a) Che non fosse giusta la soglia degli 8 miliardi di euro oltre la quale “scatta” l’obbligo di trasformazione in s.p.a.; b) la pretesa contrarietà di tale soglia ai principi dei Trattati europei in materia di mercato aperto e concorrenziale, perché costringe un operatore di mercato alla trasformazione giuridica; c) la possibile violazione delle norme in materia di aiuti di Stato.

In attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia Europea, gli azionisti e gli obbligazionisti delle Banche in parola restano col fiato sospeso con l’auspicio finisca quanto prima questo tormento giudiziario delle vicende appena narrate e si apra finalmente la porta del libero esercizio del recesso così come previsto dal codice civile.

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