Le canne fumarie possono essere condominiali, ad uso del condominio e quindi parti comuni, oppure esclusive, nel senso di servire singole unità immobiliari.
Esse hanno dato vita a forti discussioni in ambito condominiale che purtroppo non riescono a sopirsi. Tentiamo di dare un nostro contributo a beneficio di chi legge, cercando di schematizzare il problema.
Le canne fumarie ad uso esclusivo in condominio sono impianti installati il più delle volte in appoggio al muro comune (se non all’interno dello stesso), che non sempre rispettano le distanze legali e che non di rado sono causa di immissioni (fumo, calore od odori) che disturbano gli altri condomini.
Potremmo suddividere le problematiche delle dette canne fumarie in tre comparti: 1) installazione; 2) distanze; 3) immissioni.
Primo punto. Può un condomino installare una canna fumaria su un bene condominiale ?
In proposito la giurisprudenza ha distinto tra installazione in appoggio ad un bene comune ed installazione all’interno dello stesso.
Preliminarmente va ricordato cosa dice l’art. 1102 del codice civile per ciò che interessa: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa”.
Nel primo caso la Cassazione (ex ceteris CASS. n. 6341 del 16 maggio 2000) ha statuito che non vi sono ostacoli alla installazione in appoggio al bene comune atteso che si tratta di un uso più intenso della cosa, consentito al singolo condomino ai sensi dell’art. 1102 c.c., purchè da ciò non derivi un pregiudizio all’altrui paritario uso, oppure un danno alla stabilità, alla sicurezza o all’estetica dell’edificio. Nel secondo caso invece la Corte di legittimità (CASS. n. 8852 del 10 maggio 2004) ha ritenuto che l’installazione all’interno del muro condominiale esula dall’ambito dell’art. 1102 c.c. concretizzandosi in un atto invasivo della proprietà altrui (quella comune) che crea particolarmente una limitazione rispetto ad altre possibili e diverse utilizzazioni.
Secondo punto. L’operazione di installazione di una canna fumaria, comporta anche il rispetto delle distanze legali previste dal codice civile ?
Anche sotto questo aspetto vanno fatte delle distinzioni perlopiù temporali.
L’insegnamento della Cassazione più datato riteneva necessario il rispetto delle distanze anche in ambito condominiale (ex multis CASS. n. 1345 dell’8 aprile 1977 e CASS n. 13170 del 25 ottobre 2001). Poi invece l’orientamento è cambiato e le norme sulle distanze sono state ritenute applicabili solo nel caso risultino compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, prevalendo, in caso di contrasto, la normativa speciale in materia di condominio rispetto alla disciplina generale sulle distanze (ex ceteris CASS. n. 6546 del 18 marzo 2010 e ultimissima CASS. 30528 del 19 dicembre 2017).
Ed infatti, la Suprema Corte ha sottolineato che qualora il proprietario di un’unità immobiliare del piano attico agisca in giudizio per ottenere l’ordine di rimozione di una canna fumaria posta in aderenza al muro condominiale e a ridosso del suo terrazzo, la liceità dell’opera, realizzata da altro condomino, deve essere valutata dal giudice alla stregua di quanto prevede l’art. 1102 c.c., secondo cui ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso, non rilevando, viceversa, la disciplina dettata dall’art. 907 cod. civ. sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, atteso che la canna fumaria (nella specie, un tubo in metallo) non è una costruzione, ma un semplice accessorio di un impianto (nella specie, forno di pizzeria) (CASS. n. 2741 del 23 febbraio 2012).
Terzo punto. Come ci si regola se i fumi della canna fumaria superano la normale tollerabilità ?
Cosa prevede l’art. 844 del codice civile in materia di immissioni: “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso”.
In proposito la giurisprudenza (CASS. n. 3090 del 15 marzo 1993 e CASS. n. 23 del 7 gennaio 2004) ha chiarito che, per valutare la liceità o meno dei fumi, del calore ovvero degli odori provenienti da una canna fumaria, è necessario far riferimento, in assenza di un regolamento condominiale di origine contrattuale che disciplini la materia, all’art. 844 codice civile, secondo cui il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni ove queste non superino il limite della normale tollerabilità. Limite che dovrà essere desunto avendo riguardo “alla peculiarità dei rapporti condominiali ed alla destinazione assegnata all’edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari”.