La legge n. 220/2012, in vigore dal 2013, ha introdotto importanti novità in materia di diritto condominiale soffermandosi, in particolare, sulla figura dell’amministratore, ossia, l’organo di governo deputato all’attuazione di quanto stabilito dall’assemblea, dal regolamento e dalla legge in generale. L’introduzione nel codice di requisiti più stringenti fa sì che oggi, per poter svolgere la professione di amministratore condominiale, è necessario essere in possesso, oltre che di tutti i titoli e requisiti richiesti dalla legge, anche di conoscenze in altre materie quali, ad esempio, il diritto amministrativo, penale e tributario.
Ai sensi del nuovo art. 1130 del codice civile, rubricato attribuzioni dell’amministratore, egli, oltre a prendersi carico di tutti gli adempimenti di natura amministrativa, fiscale e tributaria, cura gli interessi dei condomini garantendo l’osservanza del regolamento condominiale e compie tutti quegli atti necessari alla conservazione delle parti comuni dell’edificio, in modo tale che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascun condòmino. La natura giuridica del rapporto che lega il condominio al suo amministratore, lo ricordiamo, va inquadrata nell’ambito del rapporto di mandato, disciplinato dagli articoli 1703 e seguenti del codice civile. Secondo quanto previsto dall’art. 1710, il mandatario è tenuto a eseguire il mandato, nonché tutti gli atti preordinati e strumentali ad esso connessi, con la diligenza del buon padre di famiglia. È bene ricordare, infatti, che tutti gli atti svolti nell’esercizio delle sue funzioni possono produrre effetti che ricadono nella sfera giuridica dei condòmini. In ambito condominiale, dunque, il tema della sicurezza è di fondamentale importanza, soprattutto laddove non sia stata stipulata una polizza assicurativa per i danni cagionati dal condominio ai terzi o agli stessi condòmini.
Proprio per questo, l’amministratore, quale custode-mandatario della proprietà comune, è tenuto a garantire ed a vigilare sul rispetto delle norme di sicurezza e ad impedire che eventuali situazioni di pericolo possano arrecare danni a persone o cose. Giova a questo punto ricordare che, ai sensi dell’art. 2051 del codice civile, ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito. Per custode si intende colui che ha un potere di vigilanza e controllo sulla cosa.
Orbene, tutto ciò premesso, in caso di danni a terzi verificatisi in ambito condominiale, chi ne risponde?
I condòmini o l’amministratore?
La Corte di Cassazione, per fare chiarezza, con la Sentenza n. 1674/2015, ha precisato che “in caso di danni provocati a terzi da parte di beni e/o servizi comuni, il risarcimento del danno non possa sottrarsi alle regole della responsabilità solidale dei condòmini. Sono questi, infatti, e non l’amministratore, quale loro mandatario, coloro che hanno un potere di fatto e di diritto sulla cosa derivanti dalla proprietà piena delle cose comuni ex art. 1117 c.c.”.
È di fondamentale importanza, dunque, stipulare un contratto di assicurazione che tuteli il condominio in caso di danni che possono verificarsi all’interno dello stesso, ovvero, arrecati ai terzi. La stipula della cosiddetta Polizza Globale Fabbricati può essere introdotta nel regolamento condominiale, non essendo prevista la sua obbligatorietà per legge. Fermo restando la responsabilità dei condòmini per i danni cagionati ai terzi, è doveroso aggiungere che, qualora il danno derivi da una responsabilità contrattuale dell’amministratore, egli è sempre responsabile nei confronti dei condòmini. Se, infatti, nel giudizio promosso dal danneggiato per il risarcimento dei danni subiti si dovesse accertare la responsabilità dell’amministratore per eventuali irregolarità che riguardino l’esercizio delle sue funzioni, negligenze, omissioni e inadempimenti in generale ai quali esso è chiamato in virtù del rapporto di mandato, i condòmini sarebbero legittimati a rivalersi nei suoi confronti per il recupero delle somme versate a titolo di risarcimento al danneggiato. Nell’ambito della responsabilità extracontrattuale, qualora l’azione dannosa sia frutto di azioni che non rientrino tra le sue competenze, egli sarà personalmente e pienamente responsabile.
La responsabilità da cose in custodia è esclusa qualora il custode provi il caso fortuito, ossia, quell’evento naturale imprevedibile e straordinario, indipendente dalla volontà umana ed al quale non possa ovviarsi con la normale diligenza. Sul tema merita altresì di essere menzionata la Sentenza n. 2556/2017 con la quale la Suprema Corte ha affermato che “allorché venga accertato, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa oggetto di custodia, che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito”.
Affinché possa ottenere il risarcimento del danno subito, quindi, il danneggiato avrà l’onere provare, oltre all’esistenza del rapporto di custodia, il nesso di causalità tra cosa in custodia ed evento lesivo. Il custode, dal suo canto, per esimersi dalle sue responsabilità dovrà provare il caso fortuito o la forza maggiore.
Da ultimo, occorre evidenziare che la condotta dell’amministratore che arrechi danni ai terzi possa rilevare, oltre che dal punto di vista civile, anche dal punto di vista del codice penale. Ed in tal senso sono tornati a pronunciarsi gli Ermellini con la recentissima Sentenza n. 49592/2018 della Sezione Penale 4.
La vicenda trae origine dalle lesioni personali gravi subite da una condòmina, a seguito di una caduta in ambito condominiale e da cui derivava una malattia della durata superiore a 40 giorni.
Dinanzi al Giudice di Pace di Lecce, la malcapitata produceva elementi probatori idonei a convincere il giudice che l’imputato, l’amministratore di condominio, più volte messo al corrente della pericolosità di una griglia di aerazione dei locali sottostanti di un piazzale di pertinenza del condominio, ometteva, con negligenza, imperizia ed imprudenza, di provvedere alla manutenzione della stessa, nonostante altri condomini fossero già rovinosamente caduti.
Esaminati gli atti, il Giudice condannava l’imputato per il reato di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 590 c.p. ed al risarcimento dei danni. L’appellante si vedeva condannato anche in seconda istanza dal Tribunale di Lecce.
Deciso a far valere le sue ragioni, l’amministratore per mezzo dei suoi rappresentanti legali ricorreva in Cassazione, che, dichiarando inammissibile il ricorso, confermava la condanna del Tribunale.