L’abusivismo edilizio è una piaga sociale che interessa, senza distinzione, tutto il territorio nazionale. Che si tratti di immobili costruiti ex novo o di semplici modifiche di quelli preesistenti, di costruzioni su terreni non edificabili o in difetto di dichiarazione di inizio attività, questo fenomeno, sviluppatosi parallelamente all’urbanizzazione post-bellica degli anni 50, ha interessato dapprima le periferie delle grandi città per poi contagiare le zone di grande rilevanza ambientale, quali ad esempio coste e parchi nazionali. La Suprema Corte di Cassazione, che nel corso dei decenni precedenti è stata più volte chiamata in merito per esprimersi relativamente ai profili di responsabilità penale ed amministrativa, di recente è tornata a pronunciarsi sul tema. In particolare, gli Ermellini, sono stati interpellati al fine di pronunciarsi in merito alla responsabilità del Comune di Positano (ex artt. 2051 e 1227 c.c.) per i danni cagionati da un’esondazione di acqua e fango ad alcune costruzioni abusive, provocata da una falla presente nelle tubazioni comunali della raccolta delle acque piovane. La Corte d’appello di Salerno, pur riconoscendo la natura abusiva di due immobili interessati, dovuta all’ampliamento di locali preesistenti senza autorizzazione alcuna e non attenendosi alle regole dell’arte, condannava il Comune, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2051 e 1227 del codice civile, al risarcimento dei danni in favore del proprietario degli stessi. Il giudici di merito, infatti, nel motivare la propria decisione, evidenziavano che, oltre alla violazione degli obblighi derivanti dall’art. 2051 (che attribuisce la responsabilità per i danni causati dalle cose in custodia al proprietario, salvo che costui provi il caso fortuito), l’abuso edilizio era circoscritto ai soli ampliamenti degli immobili e non alla loro totalità. Ragion per cui, il Comune era responsabile per il 66% ed il 34% per i danni cagionati rispettivamente ai due stabili, in solido con il proprietario degli stessi. Non soddisfatto della decisione, l’Ente ricorreva in Cassazione per ivi vedere accolte le proprie ragioni. Tra i vari motivi di doglianza, il Comune, denunciava l’erronea applicazione dell’art. 2043, essendo stata riconosciuta tutela giuridica ad un’attività illecita e che, nel caso di specie, l’esondazione aveva provocato danni unicamente agli ampliamenti costruiti senza le dovute autorizzazioni previste dalla legge. Il giudice di secondo grado, in effetti, basandosi sulle risultanze probatorie accertate nel giudizio di primo grado e della CTU, aveva riconosciuto la responsabilità concorsuale del proprietario degli immobili, in quanto privi di qualsiasi autorizzazione amministrativa, e del Comune per l’inosservanza del principio del neminem ledere che, come affermato già in passato, di per sé implica l’obbligo di adottare, nella costruzione delle strade pubbliche, gli accorgimenti e i ripari necessari per evitare che, dalla strada, le acque che nella medesima si raccolgono o che sulla stessa sono convogliate, legalmente o illegalmente, senza opposizione del Comune proprietario, possano defluire in modo anomalo nei fondi confinanti, così impedendo di arrecare loro un danno ingiusto (Sent. n. 3631/1997; SS. UU., Sent. n. 2693/1976). Nell’accogliere il ricorso, i giudici della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la recente Ordinanza n.20312/2019 , pubblicata in data 26 Luglio, hanno argomentato che la Corte d’Appello, nella valutazione delle responsabilità dei soggetti interessati, aveva valutato unicamente l’entità del risarcimento in proporzione dei soli vizi costruttivi e non anche dello stato di insanabile irregolarità edificatoria, tale da impedire il ripristino dello stato dei luoghi ed il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni subiti. In riferimento a quest’ultimo, tra l’altro, giova sottolineareche, secondo quanto previsto dal primo comma dell’art. 1227 del codice civile, il risarcimento del danno è diminuito se, il creditore, con la sua condotta, ha contribuito a cagionare il danno. Riportandosi, inoltre, ad alcune pronunce precedenti, inerenti all’insussistenza di un diritto all’indennizzo derivante dall’esproprio di costruzioni abusive, gli Ermellini hanno evidenziato che “ il diritto soggettivo ad essere risarcito del danno provocato da fatto illecito altrui non può infatti comportare un arricchimento ingiustificato per chi, costruendo un immobile in assenza di ius aedificandi o di autorizzazione amministrativa, è onerato piuttosto – e in via permanente – di non aggravare le responsabilità della Pubblica Amministrazione nei confronti dei terzi che entrino in contatto con la cosa in sua custodia”. Nel caso in esame, dunque, l’assenza di autorizzazioni per le opere abusive poste in essere ha affievolito, se non azzerato, il diritto al risarcimento per i danni subiti, in quanto, tale abuso, ha pesantemente aggravato la posizione di garanzia affidata al Comune di Positano, quale proprietario dei beni, in modo tale da recidere il nesso di causalità tra il bene in custodia ed il bene abusivo danneggiato ex art. 1227 del codice civile. Per questa ragione, in accoglimento del ricorso, La Cassazione ha accolto il ricorso dell’Ente, cassando la sentenza e rinviando ad altra composizione della Corte d’Appello di Salerno affinché si pronunciasse anche in merito alle spese.
Avv. Pasquale Sangregorio